Dal Settantasette al Circolo degli Occhi Dolci

di Gabriele Giunchi

Dalle nebbie di novembre 1976 – data di scioglimento di Lotta Continua – ai primi coriandoli di carnevale: tanto durò la solitudine di centinaia di  militanti riconsegnati a se stessi dopo anni di condivisione di stili di vita, di metodi e obiettivi di lotta.

Infatti, con la modalità di un’eruzione vulcanica, scoppiò a Bologna il Movimento che prese il nome dall’anno appena iniziato: Settantasette.  Non avevamo ancora metabolizzato la perdita del partito che già trovavamo modo di accasarci e “giocare” con il portentoso flusso che colorava strade, piazze e università.

Assemblee frequenti e affollatissime. Un nuovo linguaggio e una nuova mimica; la radio che metteva in circolo idee ed appuntamenti, le tante anime che si confrontavano convivendo e sopportandosi. Gli studenti, i precari, i disoccupati, i randagi urbani convennero a dar vita a cortei immensi, a occupazioni “oziose” degli spazi urbani. La banda che suonava di giorno e di notte. …

Finché si militarizzò Cossiga, il Ministro degli Interni. Gladio e testa d’ariete. La squadra politica della Questura fu esautorata dalla gestione dell’ordine pubblico perché accusata di eccessiva condiscendenza con le esuberanze del movimento. Ai primi di marzo tutto il comando  passò ai carabinieri.

Poco più di una settimana e arrivò l’11. Francesco Lorusso fu ucciso  da un colpo arma da fuoco esploso sotto i portici di via Mascarella. I proiettili sparati furono decine e i colpiti potevano essere ben più d’uno.

Da allora tutto cambiò. Meno voglia di giocare. La città militarizzata. Il divieto di stare in piazza Maggiore oltre la mezzanotte. Le multe per apologia dell’ozio a chi stava seduto sui gradini di S. Petronio o nelle aiuole dei giardini. Il PCI che si assumeva il ruolo di Grande Inquisitore. Centinaia di compagni in galera. Una primavera in cui nevicò l’11 aprile…

Ma si continuava ad avere voglia di ridere e di manifestare. Si aveva l’età giusta per farlo e ci si provava ancora con la tenacia e con l’ironia. Duri ma con gioia, si diceva.

A Porta Ravegnana c’è il campanile della chiesa dei SS. Bartolomeo e Gaetano. In quegli anni era fermo alle 2 e  mezza. Se era giorno, a quell’ora il pasto era già rimediato, se era notte un abbraccio ci aveva portati fin lì. Questo significava essere zingari metropolitani.

Ma l’eroina e il pensiero di passare al terrorismo stavano tra noi come due tentazioni, due brame, due scorciatoie. O per stordirsi o per sentirsi nell’alito rovente della storia. Due roghi.

Alcuni anni dopo, parlando con Franco commentavamo: “Il terrorismo  era una forma estrema di fanatismo religioso ed infatti si era incoraggiati ad uscirne tramite il pentimento. Per smettere l’eroina invece si dovrà accedere ad una forma di piacere superiore: più appagante, più gioiosa, più condivisibile ed è a questa soluzione ci stiamo dedicando  noi con le attività del Circolo degli Occhi Dolci”. Altro che le catene di San Patrignano benedette da Craxi!…”.

Gabriele Giunchi, Enrico Deaglio e Gad Lerner intervistano Simone De Beauvoir e Jean-Paul Sartre a Roma, settembre 1977